mercoledì 27 gennaio 2010

Il Libro del Nulla.

La Grande Via non è difficile per coloro che non hanno alcuna preferenza. Quando Amore e Odio sono entrambi assenti ogni cosa diviene chiara e viene svelata. Ma fai la più piccola distinzione, e paradiso e terra saranno infinitamente lontani. Se desideri vedere la verità non parteggiare a favore o contro. La lotta tra ciò che uno vuole e ciò che non vuole è la malattia della mente.
I
Quando il profondo significato delle cose non viene compreso la pace essenziale della mente è disturbata senza alcun vantaggio. La via è perfetta come un vasto spazio in cui nulla difetti e nulla sia in eccesso. In realtà, spetta a noi decidere se accettare o rifiutare il fatto che non vediamo la vera natura delle cose. Vivi né nelle trappole delle cose esterne, né nei sentimenti interiori di vuotezza. Sii sereno senza forzare l'attività nell'interezza delle cose e tali erronee convinzioni scompariranno da sole. Quando provi a interrompere l'attività per conseguire la passività il tuo stesso sforzo ti pervade di attività. Fino a che rimani in un estremo o in un altro non conoscerai mai l'Interezza. Coloro che non vivono nella singola Via trascurano sia attività che passività, affermazione e negazione.
II
Negare la realtà delle cose è non cogliere la loro realtà; asserire la vanità delle cose è non cogliere la loro realtà. Più parli e pensi a ciò, più ti allontani dalla verità. Smetti di parlare e pensare e non ci sarà nulla che non sarai in grado di sapere.
III
Il ritorno alle origini serve a trovare il significato, ma basarsi sulle apparenze significa lasciarsi sfuggire la causa. Al momento dell'illuminazione interiore c'è un andare al di là dell'apparenza e della vacuità. I cambiamenti che apparentemente avvengono nel vuoto mondo noi li chiamiamo reali solo a causa della nostra ignoranza. Non cercare la verità; smetti solo di avere opinioni. Non rimanere in una condizione dualistica; evita con cura tale perseguimento. Se vi è una traccia di questo o quello, il giusto e l'errato, la Mente-essenza verrà persa nella confusione. Sebbene tutte le dualità provengano dall'Unico, non avere attaccamento nemmeno ad esso. Quando la mente esiste indisturbata nella Via, niente al mondo può nuocerle, e quando una cosa non può più nuocere essa cessa di esistere nella vecchio modo. Quando non sorgono pensieri discriminatori, la vecchia mente cessa di esistere.
IV
Quando gli oggetti del pensiero svaniscono, il soggetto pensante svanisce, poiché quando la mente sparisce, gli oggetti svaniscono. Le cose sono oggetti a causa del soggetto; la mente è tale a causa delle cose. Comprendi la relatività di questi due e la realtà basilare: l'unità della vacuità. In questo Vuoto i due sono indistinguibili e ognuno di essi contiene in sé il mondo intero. Se non fai differenza tra il grezzo e il fine non sarai tentato al pregiudizio e all'opinione.
V
Vivere nella Grande Via non è né facile né difficile, ma coloro che hanno punti di vista limitati sono timorosi e irrisoluti: più essi si affrettano, più lentamente essi vanno, e l'attaccamento non può essere evitato: anche il mostrare attaccamento all'idea dell'illuminazione significa andare fuori strada. Semplicemente lascia che le cose siano così come sono e non vi sarà né andare né venire. Obbedisci alla natura delle cose (la tua stessa natura), e camminerai libero e indisturbato. Quando il pensiero è in catene la verità è nascosta, poiché tutto è confuso ed oscuro e la gravosa pratica del giudizio porta molestia e stanchezza. Quali benefici possono derivare dalle distinzioni e separazioni? Se vuoi andare nell'Unica Via non disdegnare neppure il mondo delle sensazioni e delle idee. In verità, accettare pienamente essi è identico alla vera Illuminazione. L'uomo saggio non si sforza per il raggiungimento di alcun fine, ma lo stolto si ostacola da solo. Esiste un solo Dharma, verità, legge, non molti; le distinzioni nascono dal bisogno di attaccamento degli ignoranti. Identificare la Mente con la mente discriminante è il più grande errore di tutti.
VI
Calma e inquietudine derivano dall'illusione; con l'illuminazione non vi è ciò che si preferisce e cio che è sgradito. Tutte le dualità provengono da deduzioni inconsapevoli. Esse sono come sogni di fiori nell'aria; è sciocco cercare di afferrarli. Guadagno e perdita, giusto e sbagliato: questi pensieri devono finalmente essere eliminati immediatamente. Se l'occhio non dorme mai, tutti i sogni cesseranno naturalmente. Se la mente non discrimina, le diecimila cose sono così come sono, di sola essenza. Comprendere il mistero di questa Unica-essenza significa essere liberati da ogni impedimento. Quando tutte le cose sono considerate imparzialmente, l'Auto-essenza è raggiunta. Nessuna comparazione o analogia è possibile stato privo di causa e relazioni.
VII
Considera fermo il movimento e l'immobilità nel movimento, ed entrambi gli stati di movimento e di quiete scompariranno. Quando tali dualità cessano di esistere l'Interezza stessa non può esistere. A tale definitiva finalità non può applicarsi nessuna legge o descrizione. Per la mente unificata in accordo con la Via tutte le aspirazioni provenienti dal sé finiscono. Dubbi e indecisioni svaniscono e la vita in pura fede è possibile. Con un solo colpo siamo liberati dalla schiavitù; niente si attacca a noi e noi non tratteniamo niente. Tutto è vuoto, chiaro, auto-illuminante, senza l'uso dell'energia della mente. Qui pensiero, sensazione, conoscenza e immaginazione sono di nessun valore.
VIII
In questo mondo di Similitudine non esiste nemmeno il sé o l'altro-dal-sé. Per entrare direttamente in sintonia con questa realtà quando i dubbi sorgono dì semplicemente "Non due." In questo "non due" niente è separato, niente è escluso. Non importa quando o dove, illuminazione significa penetrare questa verità. E questa verità è al di là dell'estensione o diminuzione del tempo o dello spazio; in essa un singolo pensiero dura diecimila anni.

Vacuità qui, Vacuità lì, ma l'universo infinito rimane sempre davanti ai nostri occhi. Infinitamente grande e infinitamente piccolo; nessuna differenza, poiché le definizioni sono scomparse e non si vedono limiti. Così pure circa l'Essere e il non-Essere. Non perdere tempo in dubbi e discussioni che non hanno nulla a che vedere con ciò. Una cosa, tutte le cose: si muovono e si mescolano, senza distinzione. Vivere in questa realizzazione significa essere privi di ansietà circa la non-perfezione. Vivere in tale fede è la strada al non-dualismo, poiché il non-duale è uno con la mente fiduciosa. Parole! La Via è oltre il linguaggio, poiché in essa non c'è
Nessun ieri
Nessun domani
Nessun oggi.

sabato 23 gennaio 2010

Imbolc

Nella Tradizione di Avalon che seguo, Imbolc lo celebreremo alla fine di questo mese, con la luna piena ^^
Vi riporto perciò dal sito dell'associazione, l'Ynis Afallach Tuath, un articolo in tema.

IMBOLC IN AVALON

La parola Imbolc deriva dall’irlandese e significa “nel grembo” poiché presso le antiche popolazioni che vivevano di pastorizia questo è il periodo in cui nascono i primi agnelli e si hanno perciò a disposizione latte e burro freschi, una vera ricchezza dopo i lunghi e bui mesi di gelo e stenti. In Avalon, questo portale è chiamato anche Gwyl Mair dall’antico gallese, cioè “festa di Maria”.

La comunità pagana odierna festeggia imbolc il primo febbraio, mentre in Avalon la data è preferibilmente calcolata secondo l’antico calendario luni-solare e cade al primo plenilunio dopo che il sole è entrato nel segno dell’Aquario.

Tradizionalmente questa festività segna un passaggio molto significativo: è il punto più oscuro dell’anno ma nello stesso tempo il primo festival della rinascita, in analogia con quanto accade a Yule: ormai il sole è rinato e le giornate iniziano ad allungarsi leggermente. In molte zone del nord europa è caduta la neve ma già i primi fiori come il crocus ed il bucaneve fanno timidamente capolino, segnando in modo inequivocabile l’inversione delle energie dal polo giamos ( “freddo, oscuro, invernale”) a quello samos (“luminoso, estivo”).

E’ancora tempo di nevicate e burrasche, di camini accesi e notti gelate, ma l’energia inizia a fermentare e crescere, come un bimbo nel grembo della madre. Nei paesi anglosassoni, Imbolc è anche definito “the quickening”, traducibile come “il risveglio”, dal verbo inglese “quicken” utilizzato per indicare i primi movimenti di un feto che la madre avverte nel grembo.

Nell’antica Roma in questo periodo si festeggiavano i Lupercali, giorni di feste e purificazioni rituali dopo il lungo inverno.

I celti dedicavano questo festival ed il priodo che esso inaugura ad una delle divinità più importanti e venerate del loro pantheon: Brighid o Bride “la Bianca” “la Splendente” “l’Altissima”. Brighid è una dea trina, protettrice della medicina, dell’arte bardica e della metallurgia, tutte attività sacre e rituali per eccellenza. Ella presiede alla guarigione ed alla purificazione, è signora delle erbe e dei rimedi medicamentosi, protegge in special modo le donne partorienti e le loro creature. Ispira i saggi ed i poeti nella creazione delle loro opere più belle. E’ dea del fuoco sacro che dona la vita e l’ispirazione e forgia le armi da guerra. Incarna prevalentemente l’immagine della Vergine, la bianca signora della primavera, in analogia con altre dee come Blodeuwedd o Arianrhod. E’ la Fanciulla che rinasce ma anche la Madre che partorisce il mondo e la Vecchia crona dell’inverno che muore. Sacri a Brighid sono i cigni, dalle candide piume ed il collo che ricorda un drago, guardiani delle acque dell’altromondo e del fuoco di trasformazione.

Ad Imbolc ci confrontiamo con la nostra parte più oscura, raggiungiamo il fondo della nostra Grotta personale dove attende l’Ombra, l’Inconscio, tutto ciò che deve essere portato a manifestazione. Dalla buia matrice del caos primordiale, iniziamo a riemergere e forgiare le nostre stelle, la materia informe viene plasmata dal fuoco della nostra passione e della nostra creatività. I nostri sogni prendono lentamente forma, come bambini nel ventre di una madre e vengono alla luce, con dolore, ma inesorabilmente.

E’ tempo di voltarci verso la luce, e percorrere la Grotta nel senso contrario, verso la Riemersione. Facciamo nostre le lezioni imparate duramente e voltiamo pagina, un nuovo capitolo del nostro percorso.

Gwyl Mair è associata nel paesaggio fisico di Glastonbury al Tor, nelle cui profondità si dice vi sia il passaggio per l’Altromondo, la buia caverna di Ceredwen e Gwyn ap Nudd, dove risiede il calderone delle Morgen, la pietra omphalos che è il centro del mondo, il luogo della trasformazione e della rinascita. Il Tor è il ventre della Vecchia Sterile dell’inverno: dalle sue profondità nasce la Sorgente Bianca, che sbocca limpida e cristallina fra mille cunicoli, al suo fianco. Qui le donne si raccolgono per portare offerte a Brighid e legare nastri agli alberi. Brighid è infatti anche signora delle fonti e dei pozzi, luoghi di guarigione e purificazione. La neve immacolata che scende a ripulire il terreno e lo protegge come una soffice coltre è la sua manifestazione.

Attività rituali caratteristiche di Imbolc in Avalon sono connesse con gli elementi fuoco e acqua. L’acqua viene bendetta e utilizzata per riti di guarigione e purificazione, spesso fredda, meglio se di fonte, e ad essa possono essere aggiunti sale ed erbe come salvia e limone. Piccole scope fatte di legno di betulla vengono utilizzate per spruzzare l’acqua sulle persone e gli oggetti da benedire, in particolare la casa ed il focolare. Il latte viene spesso lasciato in offerta presso le sorgenti o versato sulle statue della dea, o anche sul terreno.

Per quanto riguarda il fuoco, Imbolc è il tempo delle candele e dei falò che scacciano l’inverno e richiamano la luce della rinascita, della creatività, della trasformazione. Le candele dell’anno trascorso vengono lasciate consumare tutte o seppellite e si comprano o si fabbricano le nuove candele, che vengono poi unte con oli ed erbe profumate per consacrarle e benedirle. Questa usanza sopravvive nei secoli con la festività cristiana della Candelora, cosi come Brighid è sopravvissuta nella figura di santa Brigida di Kildare, il monastero irlandese, “tempio delle quercie” dove un fuoco perenne veniva vegliato costantemente da 19 monache, come le 9 sorelle vegliano il Avalon il calderone della trasformazione e dell’Awen.

A Gwyl Mair si costruiscono inoltre le “brigidine”, piccole bambole di stoffa, ornate con fiori o paglia e viene per loro costruito un letto nuziale in un cestino. Le piccole brigid vi vengono deposte alla vigilia di imbolc, vicino al camino, e si dice che la dea passi a benedire ogni focolare dove sia una bambola, e lasci un'impronta nelle ceneri del fuoco.

Ad ogni Imbolc una nuova brigid viene cucita ritualmente, con tutti i sogni e le speranze per il nuovo anno ricamate ad ogni punto e ciclo dopo ciclo esse vanno a rappresentare la continuità dell’esistenza, il lignaggio di avalon, le sorelle che erano, sono e saranno.

Infine, un’ultima attività tradizionale consiste nel forgiare con la paglia dell’ultimo covone conservato dal raccolto delle croci solari a quattro bracci uguali, dette “croci di brighid” che rappresentano dei potenti talismani contro il male e proteggono il futuro raccolto.

I colori di Brighid sono il bianco ed il rosso, i colori dell’Altromondo, del sangue che dona la vita, del latte e del seme.

Onoriamo Brighid e le Antenate, la Vecchia che muore e la Fanciulla che torna a seminare la vita ed i sogni nel mondo. E’ tempo di affrontare l’Ombra, di svelare i nostri misteri e guardare negli occhi la nera Cailleach. Emergiamo dal ventre della Madre per portare i suoi doni nel mondo.

-Caillean-

fonte: http://www.ynis-afallach-tuath.com/public/modules.php?op=modload&name=News&file=article&sid=9&mode=thread&order=0&thold=0

domenica 17 gennaio 2010

Un sito bellissimo.

Un amica di Avalon mi ha fatto conoscere questo sito meraviglioso:

http://www.ynis-afallach-tuath.com/public/modules.php?op=modload&name=News&file=article&sid=9&mode=thread&order=0&thold=0

martedì 12 gennaio 2010

Il Calendario Celtico.

L'anno celtico era diviso in feste solari e lunari. I solstizi e gli equinozi solari erano i punti che segnavano il percorso del sole: massima altezza nel solstizio d'estate, minima nel solstizio d'inverno, e intermedia agli equinozi.

Le Feste Lunari o Feste di fuoco celtiche sono festeggiate ancora oggi. Le antiche Samhain (31 ottobre/1º novembre) e Beltain (30 aprile/1º maggio) erano le due feste più importanti del calendario celtico, perché segnavano la divisione dell'anno in due parti: la metà oscura e quella luminosa (inverno ed estate). I celti festeggiavano il nuovo anno a Samhain, oggi celebrato come Halloween o festa di Ognissanti, che segnava anche l'inizio dell'inverno.

Un'altra festa, Oimelc (o Imbolc) (31 gennaio/1º febbraio), indicava l'allontanamento dell'inverno e caratterizzava un periodo in cui si celebravano poche feste tribali, ad eccezione di quelle femminili, legate alla fertilità. Beltain, o Vigilia di maggio, coincideva con l'inizio dell'estate e si svolgeva sotto la protezione dello Splendente, cioè il dio Belenos.

Il 31 luglio/1º agosto era la volta di Lughnasadh, che segnava la riunione della tribù, o clan, in piena estate.


Samon, Mese dell’incontro con gli Avi (30 giorni)

È il nome abbreviato del primo mese del calendario di Coligny, il termine originale samonios o samonos o anche samonis lo troviamo in altre forme abbreviate: samo-, sam- e samoni al genitivo. Il termine sembrerebbe contenere la particella samo- che sia nelle lingue galliche che nell’indoeuropeo significa “estate” ed essendo posizionato esattamente a 6 mesi di distanza dal mese di Giamoni(o)s, il cui significato è attestato come “Fine dell’inverno”, la traduzione che sembrerebbe essere più probabile è “Fine dell’estate”. Nonostante queste apparenti evidenze è forse più verosimile che Samonios abbia anche altri significati, lasciando al mese di Edrini il compito di chiudere ufficialmente la bella stagione, anche in accordo con i tempi agricoli. Secondo alcune ipotesi sempre più accreditate tra gli studiosi il termine irlandese Samain così come il gallico Samoni(o)s, pur contenendo il prefisso samo-, avrebbe poca attinenza con l’estate, anzi alcuni ritengono che potrebbe addirittura fare riferimento al solstizio invernale anche se tale ipotesi è poco accreditata. In effetti è verosimile che il significato di samonios sia prossimo a quello di “assemblea, riunione”, da cui l’antico irlandese samain (termine che deriva da essaim e che indica le api), anche in sanscrito sàmanam significa “assemblea, riunione, festa”, nell’antico norreno saman significa “insieme, gruppo”, infine la radice indoeuropea sem-, som-, sm- significa proprio “insieme”. Dal gallico samoni(o)s deriva indubbiamente il nome della festa panceltica di Samain, dedicata ai morti. Infatti troviamo sul calendario di Coligny in coincidenza con il 17° giorno di Samonios l’indicazione trinox samo[ sindiv (trinoxtion Samoni sindiu) “da oggi la festa delle tre notti di Samonios”. La festa è ancora celebrata oggi sotto altri nomi e secondo il folklore moderno durante questo periodo le entità soprannaturali e gli spiriti degli Avi e dei morti in generale entrano in contatto con i viventi. Ricollegando perciò la festa di Trinoxtion Samoni alla moderna festa irlandese di Samain, passata in tempi più recenti al resto del mondo anglofono come Halloween, e facendo riferimento poi a allocuzioni simili in greco e sanscrito il significato diventa “momento (luogo) di incontro con gli Avi” o “riunione con i Padri” (sm-uid- e sam-vid).

Duman, Mese delle fumigazioni (29 giorni)

È la forma abbreviata di dumanios o dumanos o dumanis, secondo mese del calendario celtico, la si trova anche come dumann, dumn ed al genitivo come dumanni, dumani. È prossima al termine latino fumus, sanscrito dhumah, lituano dumai “fumoso”, greco thumos “anima, cuore” e thumiao “fare fumare”. La relazione tra “fumo, vapore” e “anima, forza vitale” è insita nel termine e potrebbe indicare la natura sacrificale e senza dubbio rituale di questo mese.

Riuros, Mese del freddo intenso (30 giorni)

È nome del terzo mese del calendario di Coligny e non ne sono conosciute abbreviazioni. Normalmente il termine riuros viene messo in relazione all’omologo dell’ irlandese arcaico réud “grande freddo”, al gallese rhew “gelo, freddo intenso”, al bretone reo e rev “grande freddo”, tutti termini derivanti dalla comune radice indoeuropea preus-, che ritroviamo anche nel latino pruina “gelata bianca” da cui l’italiano brina, nel germanico friosan “gelare” e nel sanscrito prusva “gelata”. Qualche studioso lo fa derivare da ro-iuos che significa “grande festa”, ma è una traduzione che contrasta troppo fortemente con l’interpretazione più comune.

Anagan, Mese del riposo (29 giorni)

È la forma abbreviata del termine [a]nagtio- che troviamo sul calendario di Coligny e il cui nominativo dovrebbe essere anagantios, benché di questa parola potrebbero essere possibili altre versioni. La particella an- iniziale è senza dubbio privativa e il tema -agantio- sembra essere una forma participiale della radice ag- “condurre, andare, portare”, nell’irlandese antico troviamo infatti ag- con il medesimo significato, nel gallese agit “essi vanno”, nel latino ago, etc. Perciò Anagan indicherebbe un periodo nel quale non si viaggia o forse vige il divieto di viaggiare, cioè in cui si resta e, probabilmente, si riposa. Il periodo dell’anno al quale fa riferimento, la fine dell’inverno, indica un momento in cui le provviste sono quasi terminate, la selvaggina scarseggia e la natura non si è ancora risvegliata, indicato perciò a preservare le energie.

Ogron, Mese del freddo (30 giorni)

Abbreviazione, anche nella forma ogronn, del nominativo ogronnios o ogronnos. È attestata anche una forma ogronu, che potrebbe essere però un errore di compilazione da parte degli autori del calendario di Coligny. Il significato del termine sembra piuttosto chiaro e deriva dal celtico insulare ougro- che significa “freddo”. Lo stesso significato lo troviamo nel termine arcaico irlandese ùar e òcht e nel gallese oer. Ogron è perciò un mese moderatamente freddo in rapporto a Riuros, mese del “grande freddo”.

Cutios, Mese delle Invocazioni (30 giorni)

Lo troviamo al nominativo come gutios, cut- e al genitivo cutio, qutio, quti. Da notare l’alternanza della “c/q” con la “g”, già presente anche nel termine indicante il mese di cantlos/gantlos, con una netta predominanza della “c/q”. Cutios/Gutios è prossimo al termine dell’irlandese arcaico guth “voce” e al gallico gutuater “invocatore”. Il significato della parola sarebbe dunque: “mese delle invocazioni”.

Giamon, Fine dell’inverno (29 giorni)

Abbreviazione di giamonios o giamonis dall’etimologia molto chiara in quanto la parola contiene direttamente il termine gallico che indica l’inverno giamo-. Potrebbe in tal senso indicare l’inizio o la fine dell’inverno, ma il nome del mese successivo simiuisonna contenente il termine celtico per la primavera non lascia dubbi sulla seconda ipotesi. Fine dell’inverno.

Simiuis, Metà primavera (30 giorni)

Anche questa è una forma abbreviata e nel calendario di Coligny la troviamo anche trascritta in semiuiso-, simiuiso-, -sonna- ecc. Il nominativo è simiuisonna e con tutta probabilità è un parola composta dal prefisso simi- o semi- “mezzo”, da cui il latino semi, il greco hemi-, il sanscrito sami- e il termine uisonna- che indica anche nell’indoeuropeo arcaico la primavera e che diventa in gallese arcaico guiannuin, nel cornico arcaico guaintoin, da cui uesnteino, in latino uer, in greco éar, in sanscrito vasantà- ecc. Ossia, traducendo letteralmente: metà della primavera. Un’altra ipotesi vede nel termine sonna- il nome del sole e lo equipara a sonno-cingos “corso del sole”, ma in questo caso non viene preso in considerazione il prefisso simi- per cui l’interpretazione non è accettabile.

Equos, Mese dei Cavalli (30 giorni)

Il nome di questo mese rappresenta un piccolo enigma, se sembra evidente che faccia riferimento ai cavalli avendo come omologo il termine latino indicante questi animali, con la trasformazione labio-velare della sequenza k + u in p, non si comprende allora perché ovunque altrove i celti indicassero i cavalli con la radice epo-! Si suppone perciò che il termine equos sia un arcaismo la cui conservazione sia giustificata all’interno di un documento istituzionale quale il calendario druidico oppure che il termine sia derivato direttamente dal latino all’epoca della trascrizione dalle fonti orali del calendario stesso (I sec. d. C.).

Elembiu, Mese del Cervo (29 giorni)

Decimo mese del calendario di Coligny, lo troviamo abbreviato anche in elemb. Il termine contiene in maniera molto evidente la parola indoeuropea che indica il cervo elem-(bhos), affine al greco élaphos (elnbhos) “cervo”, al gallese elain (elani), all’irlandese arcaico elit (elnti) “capriolo, cervo”, ecc. L’elembiu celtico ha forti corrispondenze con il nono mese del calendario greco-attico durante il quale si celebravano feste dedicate alla dea della caccia Artemide.

Edrini, Fine dell’Estate (30 giorni)

Trascritto anche come aedrini-, probabilmente un arcaismo del periodo nel quale il dittongo ai non si era ancora contratto in ē, analogamente al caso di equos con la sua labio-velare inattesa. Il significato è ancora sconosciuto, ma alcune ipotesi vedono in edrini- la radice aidh- che significa “ardore, fuoco” da cui poi il termine latino aestas da cui è derivata la nostra parola “estate”. In tal caso potrebbe significare l’inizio o il termine dell’estate, e vista la posizione del mese nel calendario si dovrebbe interpretare come “Fine dell’estate”. Se si considera il significato della radice aidh- possiamo interpretare il termine come “Fine del periodo dell’ardore” nel senso in cui in questo periodo dell’anno cessavano le guerre, come è poi attestato anche storicamente. Quest’ultima ipotesi è però meno consistente della prima, da preferirsi.

Cantlos, Tempo dei canti rituali (29 giorni)

Il significato del termine Cantlos, con la variante Gantlos così come per il mese Cutios/Gutios, probabilmente è simile a quello dell’irlandese arcaico cétal “canto, recitazione”, del gallese cathl “canto, poema, inno”, del bretone quentel “canto liturgico”, tutti contenenti la radice indoeuropea kan- “cantare”, da cui il latino canō, ecc. Cantlos è dunque il mese del canto rituale.

LE DIFFERENZE TRA I 10 COMANDAMENTI E IL PENSIERO DRUIDICO

1 Non avrai altro Dio all'infuori di me. --> Non è importante il Dio o gli Dei che preghi, l'importante è come preghi
2 Non nominare il nome di Dio invano --> Non offendere gli Dei, a parole e a fatti
3 Onora il padre e la madre --> Rispetta tutti gli esseri viventi allo stesso modo, onora chi ti ha aiutato a crescere
4 Ricordati di santificare le feste --> Ogni giorno è un dono Divino. Festeggialo e goditelo
5 Non rubare --> Non rubare alle persone povere e alle persone giuste
6 Non commettere atti impuri--> Segui il cuore, ma non causare dolore
7 Non uccidere --> Non abbandonarti all'odio e alla vendetta
8 Non dire falsa testimonianza--> Menti per la giusta causa, ma non spergiurare sul tuo Onore e sugli Dei
9 Non desiderare la roba d'altri --> Segui il cuore con coscienza, rispettando gli altri e senza disonorarti
10 Non desiderare la donna d'altri --> Segui il cuore con coscienza, rispettando gli altri e senza disonorarti

RITO CELTICO DELL'UNIONE

Ricorda che questo tipo di rituale è molto personale, può essere modificato a seconda delle esigenze. Lo 'sposo' e la 'sposa' dicono insieme:
'
Non puoi possedermi perchè appartieni a me. Ma se entrambi lo desideriamo, ti dò quello che è mio da dare.Non puoi comandarmi perchè sono una persona libera. Ma ti servirò in tutto ciò che chiedi ed il favo assagerà venire più dolce dalla mia mano. Giuro che il tuo sarà il nome che grido ad alta voce nella notte ed gli occhi a cui sorrido alla mattina. Ti dono il primo boccone della mia carne e il primo sorso dalla mia tazza. Ti dedico la mia vita e la mia morte, entrambe saranno nelle tue mani. Sarò un guardiano per ciò che non puoi vedere e tu lo sarai per me. Non ti calunnierò, nè tu lo farai con me. Ti onorerò sopra ogni altro e quando discuteremo lo faremo privatamente e lontano da tutti non diremo a nessuno sconosciuto le nostre rimostranze. Questo è il mio voto di nozze per te. Questa è l'unione di due uguali.'
Il/la celebrante dice:
'Queste promesse le fate al sole ed alla luna, al fuoco ed all' acqua, al giorno e alla notte, alla terra ed al mare. Con questi voti giurate al Dio ed alla Dea, di essere uniti completamente l'uno all'altra. Se uno lascia cadere il carico, l'altro lo prenderà. Se uno disonora l'altro, il suo proprio onore sarà perduto, generazione dopo generazione, fino a Lui ripari quello che è stato danneggiato e trovi quello che è stato perso. Se non riuscite a mantenere il giuramento che fate oggi, gli elementi stessi lo raggiungeranno e lo distruggeranno.'
Grande rito simbolico---Preparazione: un calice di vino. Un velo di almeno un quarto di yarda preferibilmente di un colore gradito alla Dea come il blu, il verde, l'argento, o il bianco. Tutti, tranne il celebrante e la celebrante, si dispongono a formare un cerchio, uomo e donna alternati, il più lontano possibile e rivolti al centro. I celebranti entrano nel cerchio, la donna con le spalle all'altare, l'uomo con le spalle verso Sud. L'uomo in ginocchio bacia i piedi, le ginocchia, il ventre, i seni e le labbra, cominciando sempre da destra e dicendo:
'
Siano benedetti questi piedi che ti hanno portato a me. Siano benedette queste ginocchia che si inchineranno presso l'altare sacro. Benedetto sia questo ventre senza il quale non saremmo. Siano benedett questi seni, formati nella bellezza. Siano benedette queste labbra, che pronunceranno i sacri nomi.'
Per il bacio sulle labbra,gli sposi si abbracciano, facendo toccare la punta dei piedi. Per quello sul ventre la donna apre completamente le braccia, lo stesso farà dopo il bacio sulle labbra.Dopo la donna si sdraia sulla schiena con le gambe e le braccia aperte in modo da formare un pentagramma, l'uomo prende il velo e lo stende sul corpo della donna coprendola dal seno alle ginocchia, poi si inginocchia tra i suoi piedi guardandola. Dopo chiama una strega scelta per farsi portare il suo athame che deve essere stato posto sull'altare. La strega si mette in piedi a poca distanza dalla coppia,rivolta verso di essa e con le spalle ad Ovest. Poi l'uomo chiama uno stregone prescelto per farsi portare il calice, egli si dispone come la strega, ma con le spalle verso Est. L'uomo dice:
'
Aiutami ad erigere l'antico altare, che nel passato tutti adoravano; l'altare di tutte le cose. Perchè anticamente la donna era l' altare. Così l'altare era fatto e disposto ed il posto sacro era al centro del cerchio. dagli antichi ci è stato insegnato che il centro del cerchio è l'origine di tutte le cose, di conseguenza lo adoriamo; di conseguenza chi adoriamo anche invochiamo. Il cerchio delle stelle, dove il nostro padre è il fratello più giovane, meraviglia oltre l'immaginazione, anima dello spazio infinito, prima del quale il tempo è vergogna, la mente è sconcertata e la comprensione oscurata, nessuna immagine ci può raggiungere se non una d'amore. Di conseguenza dal seme e dal gambo, radice e germoglio e foglio e fiore e frutta ti invochiamo , regina dello spazio, gioiello di luce, continuo sopra del cielo; lascia stare quegli uomini che parlano di te non come uno, ma come nessuno; e lascia che non parlino di te affatto, perchè tu continui ad agire. Perchè tu agisci all'interno del cerchio, che adoriamo; Il centro della vita , senza cui non saremmo. Ed in questo modo sono erette ed allineate le sacre colonne gemelle; nella bellezza e nella resistenza sono state erette per la meraviglia e la gloria di tutti gli uomini."
L'uomo rimuove il velo dal corpo della compagna e lo porge alla strega, dalla quale riceve l'athame , poi la donna si inginocchia presso lo stregone e prende il calice. (nota che entrambi i gesti sono fatti senza il bacio rituale). L'uomo continua ad invocare:
'
l' altare dei molti misteri, il punto segreto del cerchio sacro, con il bacio delle mie labbra consacro.(la coppia si bacia).Si apra per me il senso segreto, la via dell' intelligenza, oltre i cancelli della notte e del giorno, oltre i limiti di tempo e del senso.Possa il mistero allineare i cinque punti dell'insieme'
La donna sostiene il calice e l'uomo vi intinge il pugnale. Entrambi utilizzano tutte e due le mani.
L'uomo porge il pugnale alla strega e mette entrambe le mani attorno a quelle della compagna che regge il calice, poi la bacia e beve un sorso di vino senza spostare le mani dal calice. Entrambi si alzano in piedi e l'uomo passa il calice ad una donna con un bacio, questa a sua volta beve un sorso e lo passa all'uomo che ha di fianco baciandolo e così via finchè tutti hanno bevuto. Il calice può essere riempito una volta che il giro è stato completato. Per consecrare le torte, la donna prende il suo athame e l'uomo, inginocchiandosi davanti a lei, sostiene il piatto e la donna disegna il Pentacolo d'invocazione di terra nell'aria sopra al piatto mentre il compagno dice:
'O regina dei molti segreti, benedici questo alimento nei nostri corpi; concedici salute, ricchezza, resistenza, gioia e pace e quell'adempimento di amore che è la felicità perfetta.'
La donna posa il suo athame e passa le torte all'uomo con un bacio, lui la passa indietro con un bacio e si ripete lo stesso giro fatto col vino.Bisogna conservare un po' di vino e un po' di torta da offrire alla Terra ed al Piccolo Popolo. Dopo la riunione, lascia l'offerta fuori di casa se il rito è stato fatto all'interno.

CRISTIANESIMO E TRADIZIONE CELTICA

Come sempre è successo, i luoghi preposti al culto celtico erano in prevalenza situati nei boschi sacri e nelle loro radure, oltre che su alcune alture e presso le grandi pietre dei monumenti megalitici. Durante l'opera di evangelizzazione fu dapprima consigliato ai fedeli di non proseguire nella loro attività cultuale pagana. Quando poi il cristianesimo ebbe una certa preponderanza sulla tradizione celtica, i consigli divennero divieti e non molto tempo dopo le interdizioni furono estese anche a chi non si era convertito alla nuova religione. Il concilio di Aries dei 452 d.C. emanò un editto che vietava l'adorazione degli alberi, delle fontane e delle pietre e quelli di Tours del 567 d.C. e Nantes del 568 d.C. si scagliarono in modo veemente contro chi praticava il culto sacrilego nei boschi e presso gli alberi "...consacrati ai demoni...". I Capitolari del 789 d.C. denunciano "...gli insensati che accendono candele e praticano ogni sorta di superstizione presso gli alberi, le pietre e le fonti...". Un cronista dell'XI secolo scrive che molte persone malate si recano presso le fonti e gli alberi consacrati per ottenere una guarigione. Per gran parte del Medioevo i curati di campagna devono faticare molto per impedire che le persone si rivolgano agli alberi sacri invocando protezione per i loro bambini, le loro case, le loro famiglie ed i loro beni in generale. Questi esempi riguardano soprattutto la gente del popolo, generalmente delle campagne, non ancora convertita al cristianesimo, o da poco convertitasi, ma vi sono molti esempi di uomini illustri che, pur seguendo la nuova religione, non abbandonano totalmente le pratiche pagane (San Germano, vescovo di Auxerre; San Bricio, successore di San Martino di Tours; l'irlandese San Columba o Columcille (52 1-597) che si rifiuta di abbattere le vecchie querce adorate dai pagani perché è un ex-file, un druido, un bardo). Si hanno testimonianze di sopravvivenze del culto degli alberi fino al XIII-XIV secolo d.C. e molto probabilmente anche oltre. Dove la popolazione non permise la distruzione degli alberi, dei boschi sacri, delle pietre o non abbandonò la consuetudine di recarsi presso le fonti sacre, la Chiesa provvide a trasformare quei luoghi e quei simboli da pagani a cristiani. Pietre megalitiche furono così sormontate da croci o addirittura scolpite, sorgenti d'acqua medicamentosa furono consacrate alla Vergine e boschi sacri ai santi, pur mantenendo tutti le stesse caratteristiche e rendendo gli stessi servigi di prima. Molti luoghi (fonti o alberi) furono semplicemente trasformati nelle figure di santi guaritori e lo stesso avvenne per molte divinità celtiche. I monaci irlandesi e britannici in generale ebbero un'importante funzione per quanto riguarda la trasmissione delle conoscenze celtiche alla posterità. Soprattutto in Irlanda e nel Galles vari monasteri cristiani si fecero carico di trascrivere intorno all'XI secolo i documenti contenenti buona parte della tradizione orale celtica (ma recenti studi sembrano indicare l'esistenza di una tradizione druidica scritta in linguaggio oghamico su corteccia di betulla) che furono redatti a partire dal VI fino all'VIII secolo d.C. Bisogna tuttavia tener conto che molti scritti hanno dovuto subire degli adattamenti alla religione cristiana, in quel momento molto forte, e che quindi non sempre tutto ciò che ci è pervenuto appartiene all'originale tradizione druidica. Risulta importante anche considerare che la religione cristiana trovò il favore di buona parte della popolazione perché non portava concetti totalmente estranei o nuovi alla mentalità celtica. La figura della Vergine rispecchiava quella delle Matrones o della Dea-Madre, genitrice del dio Maponos che possedeva un simbolismo di rinascita solare. Spesso personaggi di questo tipo nascevano durante il solstizio invernale e morivano sacrificandosi spontaneamente per la salvezza del loro popolo; le loro madri erano molte volte delle vergini; durante la vita compivano fatti eccezionali preclusi agli uomini normali. Un altro protagonista della venerazione del popolo celtico-cristiano è san Michele Arcangelo, l'angelo guerriero che brandisce la spada ed abbatte il dragone, a cui sono dedicati numerosi santuari in tutta Europa, come quello famoso di Mont-St.-Michel, in Francia, un tempo luogo sacro ai Druidi con il nome di Mont Bélaine, il Monte di Belenus, e quello del Gargano in Italia. Parrebbe infatti che l'angelo della tradizione cristiana incarni le caratteristiche del dio luminoso Lugh-Belenos, un dio che esprimeva la funzione guerriera e sacerdotale. La cultura celtica continuò a sussistere nelle forme dell'espressione artistica che i monaci utilizzarono per miniare i preziosi manoscritti o per ornare i reliquiari, i pastorali, le spille per i mantelli, le croci in pietra che ricalcava-no quasi invariate i tratti che ebbero durante l'Età del Ferro. Il declino di questa sopravvivenza fu dovuto, per le isole britanniche, alle invasioni vichinghe e anglonormanne che spensero definitivamente nel XII secolo d.C. la richiesta di ornamenti di tipo celtico. Per quanto abbiamo descritto fino ad ora possiamo utilizzare, e lo hanno già fatto vari studiosi, il termine di cristianità celtica. Di essa facevano parte quei popoli dell'Europa continentale ed insulare nord-occidentali che mantennero dei caratteri celtici per molti secoli dopo la conquista romana e l'introduzione del cristianesimo. Fra la Chiesa di Roma e la Chiesa irlandese dei primi secoli vi furono contrasti su vari aspetti relativi all'organizzazione ecclesiastica (esclusione delle donne dalla liturgia, consacrazione dei vescovi) e alle regole da seguire (il vescovo irlandese, ad esempio, doveva essere anche abate di un monastero). In particolare, San Colombano arrivò a scrivere una lettera a papa Gregorio I con la quale richiamava la Chiesa di Roma ad un comportamento più consono a quello della Chiesa irlandese. Quest'ultima infatti si faceva portavoce di un cristianesimo più puro ed attinente all'insegnamento dei Cristo. Nello stesso tempo in cui in Italia ed in Gallia il cristianesimo era diffuso soprattutto nelle città, San Patrizio convertì l'intera Irlanda senza un martire e senza persecuzioni inflitte o subite, a partire da re Loegaire, dai suoi figli, guerrieri e Druidi. Patrizio provvide quindi a riorganizzare la legislazione irlandese per renderla conforme al Vangelo e vietò ai filid di recitare gli incantesimi più pericolosi ed ai Druidi di compiere sacrifici. Fece quindi una sintesi dei diritto della natura precristiano (recht aicnid) con il diritto della lettera cristiano (recht litre) ed il risultato ditale lavoro regolò la vita giuridica dell'Irlanda per molto tempo. San Patrizio durante l'evangelizzazione dell'isola utilizzò contro i Druidi le loro stesse armi, tra le quali la magia, arrivando persino a resuscitare l'eroe Cu-Chulainn come testimone a suo favore. In un manoscritto in lingua gaelica conservato nel monastero di San Gallo, Svizzera, vi èchiaramente la testimonianza di un passaggio di consuetudini celtiche nella tradizione cristiana: si legge infatti un lungo incantesimo a scopo di guarigione che menziona per ben tre volte il nome di Goibniu, chiamato anche Diancecht, dio della medicina dei Tuatha Dé Danann. Le varie leggende scritte nel IX secolo d.C. che descrivono i favolosi viaggi per mare dei santi cristiani conclusisi in isole e terre meravigliose e misteriose, rispecchiano le avventure degli eroi celtici che giungono in luoghi dello stesso tipo. I concetti del Sidh celtico e dei Paradiso cristiano coincidono in molti punti e gli esseri dell'Altro Mondo conosciuti dai Celti somigliano molto alle creature celesti e agli angeli della Chiesa cristiana. Il monoteismo celtico è ormai un fatto accertato, testimoniato anche dalle parole di Giovanni Scoto Eurigena del IX secolo. Le molte divinità celtiche non sarebbero state che le temporanee manifestazioni dei Dio unico, cosicché le affermazioni dei primi predicatori cristiani circa l'unicità di Dio (e la sua Trinità già presente nella tradizione celtica con le Triadi) sarebbero state accettate senza difficoltà dai Celti, che però, per il loro bisogno di diversificazione delle funzioni della Divinità, si sarebbero dedicati con particolare venerazione al culto di innumerevoli santi. Dalla vita particolare di questi uomini sacri, così importanti per la cristianità celtica, traspare la nozione di coraggio cara ai Celti. Del resto, anche l'espressione cristiana secondo la quale Dio rifiuterebbe i tiepidi, si adatta perfettamente al pensiero celtico di ricerca della propria strada, della scelta, che sfocerà poi nel ciclo arturiano della Cerca del Graal. La concezione celtica secondo cui la religione è insita nella vita quotidiana e l'uomo appartiene ad un universo di creature e di mondi materiali e spirituali sembra forse differire dalla visione cristiana. In realtà, tra il cristianesimo e le antiche credenze celtiche non ci sono poi divergenze fondamentali, come dimostra la sopravvivenza di queste ultime fra le cerimonie e le regole della nuova religione. Il cristianesimo celtico è stato dunque sempre caratterizzato da questo estenuante sforzo di conciliare la tradizione celtica con quella cristiana e ciò che non poté essere assimilato dalla seconda, tradizione essenzialmente scritta, non ebbe altra scelta che scomparire o rifugiarsi nelle varie espressioni del folklore europeo. Le forme assunte dalla religione celtica, sia nella liturgia cristiana che nelle feste delle tradizioni popolari europee, si trovano spesso talmente modificate che il loro riconos cimento risulta molto difficoltoso. Nondimeno, il tentativo di recuperarle con un certosino lavoro chirurgico operato sulle cerimonie che presentano indizi tipicamente celtici potrebbe restituirci finalmente una parte dell'antica dottrina scomparsa.

LA FIGURA FEMMINILE

Quella delle opere d'arte, però, nonostante gli ineguagliabili monili prodotti dai Celti, non era certo l'unica bellezza riconosciuta da questo popolo. La mitologia è letteralmente traboccante di toccanti descrizioni dello splendido aspetto sia degli eroi…di cui viene accentuato spesso, in questo modo, il contrasto tra la natura - le scene in cui si abbandonano al terrificante furor guerriero - e cultura, in lunghi brani che li raffigurano durante le parate o i banchetti, magnificamente agghindati…sia delle donne, delle quali vengono esaltati tanto l'apparenza, talmente superba da far sì che i guerrieri rischino la vita per loro, quanto il carattere indomito e bellicoso.
Nella cultura celtica, le donne erano amate e rispettate, ma esse godevano anche di libertà e diritti impensabili per qualsiasi matrona classica. "Dione Cassio narra di un incontro tra Giulia Domna, moglie dell'imperatore Severo, e una anonima donna caledone. La contegnosa patrizia canzona la sua interlocutrice (…). Questa rispose, con una certa asprezza, che le abitudini del suo popolo erano ben superiori a quelle romane. Poiché tutto si svolgeva in modo franco e chiaro, [lei e le sue sorelle] potevano unirsi senza vergogna ai migliori tra gli uomini. Le matrone romane, invece, con la segretezza che i loro ipocriti modelli di rispettabilità imponevano, potevano trovarsi degli amanti solo tra coloro disposti ad indulgere in relazioni segrete." (W. Rutherford, "Tradizioni Celtiche").
Inoltre, dato che era la ricchezza a determinare l'autorità di una persona, all'interno di un matrimonio la moglie poteva anche essere il coniuge più importante, anche se ciò non era sempre accettato: la regina mitologica Medb costituisce un esempio di questo, ma nella mitologia non se ne trovano altre dimostrazioni, in quanto una pratica simile era spesso sconsigliata in una cultura originariamente patriarcale. L'indipendenza delle donne era in ogni caso riconosciuta ed approvata, sebbene, come si è visto, era raro che queste giungessero a dominare il marito nel rapporto di coppia. Innumerevoli nella mitologia sono le praticanti delle arti druidiche, e così anche le guerriere (che cessarono di esistere in Irlanda solo poco prima del 1000 d.C. sotto l'influsso del cristianesimo, con l'Editto di Tara).

LE AMAZZONI
Ecco la descrizione di Feidelm, profetessa e guerriera: "Aveva i capelli biondi. Indossava un mantello variegato trattenuto da un fermaglio d'oro e una tunica con un cappuccio dal bordo decorato di rosso. Portava calzari con legacci dorati. Il volto era sottile in basso e ampio alla fronte. Le delicate ciglia scure ombreggiavano metà del viso fino alle guance. Le labbra sembravano tinte di rosso scarlatto. I denti tra le labbra erano una cascata di perle. I capelli erano acconciati in tre trecce: due avvolte intorno alla testa, la terza che ricadeva sulla schiena fino a sfiorare i polpacci. La donna teneva in mano una bacchetta di findruine [ probabilmente elettro ] con intarsi d'oro. In ogni iride erano incastonate tre pietre preziose. Era armata, e due cavalli neri conducevano il suo carro da guerra."
In questo brano si evidenzia la considerazione che i Celti nutrivano nei confronti della bellezza femminile, per la quale diversi eroi sono pronti a compiere imprese suicide, e contemporaneamente si accenna anche al fatto che Feidelm fosse armata, e viaggiasse su un carro - privilegio, questo, riservato all'aristocrazia guerriera e simbolo di potere e di forza -. Esiste un gran numero di riferimenti ad amazzoni nella mitologia: lo stesso Cù Chulainn apprende tutte le sue prodezze da una anziana guerriera scozzese, Scatàch; è la figlia di questa, Uathach la Terribile, che, innamoratasi di lui, gli spiega come sopraffare la madre; ed infine è Aife, amazzone avversaria di Scatàch, a combattere Cù Chulainn spezzandogli la spada. D'altro canto, anche gli antichi Greci conobbero la feroce figura della guerriera celtica e la descrissero in diversi testi, come, ad esempio, il resoconto del sacco di Delfi ad opera di Brenno. E furono queste strane donne del nord a ispirare nei Greci il personaggio mitologico delle Amazzoni, che divenne l'archetipo della "donna forte" da sottomettere nei racconti per dimostrare la loro virilità, che non si esprimeva certo al meglio con le sottomesse mogli, rinchiuse nel gineceo, che si ritrovavano.
E' perciò dai Celti che deriva anche la classica figura dell'amazzone, la donna guerriera per eccellenza: all'interno della loro società la donna aveva diritti paragonabili a quelli dell'uomo: poteva ad esempio detenere beni suoi che, in certi casi, erano addirittura superiori a quelli del marito, sebbene questo fosse, per lui, degradante e venisse perciò evitato; e, in caso di separazione dei due coniugi, a lei spettava la metà del patrimonio collettivo della coppia, oltre a tutti i beni che aveva portato in dote. Ci sono inoltre giunte testimonianze di come una donna potesse anche ottenere il potere politico, e, come già detto, le donne guerriere erano quanto mai comuni. Feroci nei confronti dei loro nemici, sono presenti in gran numero nella mitologia e hanno colpito a tal punto la civiltà classica…e la nostra…da essere diventate un carattere ricorrente sia nelle leggende latine e greche, sia nella moderna fantasy.

LE DRUIDESSE
D'altro canto, come la stessa descrizione di Feidelm suggerisce, le donne potevano anche entrare a far parte della classe druidica . Ci è tramandato dalle fonti classiche che, nell'isola di Mona, durante l'attacco dei Romani, si trovavano druidi, non solo di sesso maschile, ma anche femminile, che suonavano le grandi arpe da guerra e salmodiavano per terrorizzare gli invasori. Anche la mitologia, inoltre, è ricca di riferimenti a druidesse, spesso specializzate come satiriste, indovine, maghe e, appunto, profetesse.

L'ARTE

Sul finire del secondo millennio avanti Cristo l'arte del bronzo era ampiamente padroneggiata dai fabbri europei come dimostrato dalla estrema raffinatezza dei decori presenti sui reperti archeologici di quell'epoca.
Benché il periodo di maggior sviluppo dell’arte celtica sia stato collocato tra il V secolo a.C. e il IX secolo d.C., tali date sono ancora incerte. La longevità di questa tradizione, che abbracciò diverse forme espressive e i cui risultati migliori furono raggiunti nella lavorazione dei metalli e della pietra, nonché nella miniatura di manoscritti, è dovuta in gran parte alla versatilità dei disegni decorativi. Gli artigiani ricorsero a un repertorio di motivi piuttosto limitato (nodi, intrecci, spirali e chiavi), riproducendoli su una grande quantità di oggetti, dalle spade ai supporti per carri, dai manoscritti cristiani alle teche per l’uso ecclesiastico.
Nel periodo finale dell'Età del Bronzo e nella prima Età del Ferro, l'Europa Centrale ed Occidentale è dominata dalla cultura del popolo dei Campi d'Urne. Verso il 700 a.C. si sviluppa nel cuore continentale dell'Europa la antica cultura celtica di Hallstatt, caratterizzata da un'arte ornamentale semplice e rettilinea con moduli geometrici elementari.
Lo stile arcaico, nato probabilmente dopo il 480 a.C., è caratterizzato da una predilezione per i motivi decorativi classici e orientali, come i fiori di loto, le palmette e le foglie di acanto.
Verso il 450 a.C. compare in tutta l'Europa un'arte nuova, uno stile omogeneo caratterizzato da una predilezione per le linee curve e le spirali, che prende il nome di "cultura di La Tène", dal nome della piccola spiaggia lacustre, presso Neuchâtel in Svizzera, ove furono scoperti i primi reperti.
Pur con variazioni regionali, la cultura di La Tène dura sino alla conquista delle Gallie Transalpine da parte di Caio Giulio Cesare che portarono la maggior parte del mondo celtico sotto l'influenza romana, dando quindi l'avvio al successivo sviluppo detto Gallo-Romano. Nelle isole Britanniche il maggiore isolamento dalla civiltà romana permise una più lunga sopravvivenza dell'impronta originale celtica che, in alcuni casi come l'Irlanda e il nord della Scozia, si protrasse sino al Medioevo.
L'Arte Celtica è la testimonianza più profonda ed autentica che gli antichi Celti ci hanno lasciato circa la loro mentalità ed il loro mondo spirituale. In essa è racchiusa l'essenza di una cultura originale che per quasi un millennio fu comune alle popolazioni insediate in quell'area d'Europa compresa tra il Mare del Nord ed il fiume Po, dall'Oceano Atlantico ai Carpazi.
Prima a seguito degli scambi commerciali con Etruschi, Fenici e Greci, poi a causa della Romanizzazione della Gallia e della Britannia, l'arte celtica si alimentò con prestiti orientali (quali la palmetta e il loto) che sviarono a tal punto le analisi degli studiosi, da farla considerare a lungo come una semplice emanazione marginale dell'arte classica. Le componenti essenziali dell'Arte Celtica contengono sin dagli inizi un limitato gruppo di simboli di base (spirali, triskel, croci cerchiate, svastiche, greche, intrecci vegetali e figure zoomorfe) che sono ripetuti e intrecciati tra loro infinite volte e secondo moduli codificati che portano alla costruzione di intricati pannelli e sofisticati decori artistici su ogni tipo di oggetto, sia prezioso sia di uso comune.
Solo in tempi moderni, grazie ad un'evoluzione del gusto artistico che ha permesso di apprezzare anche forme estranee al classicismo greco-romano, si è giunti a rivalutare appieno il simbolismo, il gusto per l'equivoco e per l'indeterminato, la stilizzazione, la predilezione per una libera rappresentazione delle figure che portò gli artisti celtici a giocare con linee e profili, anche a discapito delle forme naturali.
Verso la seconda metà del V° secolo a.C. compaiono armi e oggetti quotidiani decorati con incisioni a compasso detto "Primo Stile", ma è con l'inizio del IV° secolo a.C. che si può parlare dello sviluppo di una nuova corrente artistica detta "Stile Vegetale Continuo", o di Waldalgesheim, dove protagonisti divengono il viticcio ed il decoro vegetale, andando a sostituire progressivamente le composizioni di semplici elementi geometrici. Se consideriamo alcuni esempi di bande decorate a fregi tipiche di questo stile, notiamo subito alcune caratteristiche peculiari: l'abile utilizzo della simmetria; il permanere dell'utilizzo di elementi del primo stile accanto a motivi vegetali come palmette, foglie, tralci e viticci; un concatenarsi ossessivo di motivi vegetali ripetuti.
Elemento interessante di quest'arte fu il suo doppio livello di decorazioni e quindi di lettura simbolica di questa arte decorativa peculiare ove elementi vegetali e corpi di animali fantastici si assottigliano gradualmente, trasformandosi in nastri che si intrecciano tra loro con variazioni infinite che danno luogo ad uno stile artistico inconfondibile. Se si osservano i vari reperti archeologici, in particolare le armi, si nota subito una loro possibile suddivisione in base all'evidenza delle decorazioni, esiste evidentemente un livello macroscopico, che dà una lettura d'insieme dell'opera artistica celtica, con decorazioni vistose che declamano a tutti la ricchezza e la conseguente importanza sociale del possessore dell'oggetto in questione. Ma accanto ad esso vi è anche un secondo livello microscopico, caratterizzato da composizioni di minuscoli motivi decorativi secondari, pressoché invisibili ad un'osservazione superficiale.
Queste rappresentazioni a duplice scala, una estetica ed una visibile solo per il proprietario, chiariscono il significato non solo ornamentale, ma anche magico-simbolico degli elementi decorativi presenti su spade, elmi, scudi, pugnali, come pure su stele ed oggetti votivi.
Gioiello tipico ed emblema di status sociale, il torque (detto anche torc o torquis, ritrovato in una sepoltura di guerriero del bacino della Marna, in Francia) era un collare ad anello in oro, in bronzo o più raramente in argento. Forse perché legato al potente simbolismo della sacralità delle teste, il torque ricevette le più grandi cure dagli artigiani celtici, ben più di braccialetti, spille o fibbie. Aperti o chiusi, con estremità ingrossate, a globi o decorate a testa d'animale; col corpo liscio, attorcigliato o intarsiato, nella realizzazione dei Torques per Principi e guerrieri fu profusa tutta l'abilità e la fantasia di quegli artisti.
Ciò che spesso si trascura di sottolineare è l'innegabile apporto all'Arte Celtica dato dall'area italiana (Gallia Cisalpina) e prova ne sono vari importanti ritrovamenti che hanno dato il loro nome a interi Stili della storia culturale dei Celti. Alcuni autori avanzano l'ipotesi che il motivo stesso dei fregi a intreccio a bande sia stato creato negli atelier di artigiani celtici stanziati in centro Italia e poi da lì rapidamente diffuso in tutta Europa. D'altronde non si deve dimenticare che il primo millennio fu un periodo di rapidi e frequenti spostamenti di mercanti, tribù e persino di interi popoli. Dopo gli stanziamenti di genti celtiche in buona parte della penisola italica sul limitare del primo millennio, le infiltrazioni come le migrazioni continuarono ininterrottamente, in modo più o meno limitato, sino alle nuove grandi ondate migratorie del V secolo a.C. quando sul substrato celtico precedente vennero a stratificarsi le grandi nazioni dei Boi, degli Ambroni, dei Senoni, provenienti dalle Gallie Transalpine ove avevano lasciato dei parenti (le loro tuatha originarie) e con cui intrattennero per lungo tempo fitti contatti con scambi sia culturali sia commerciali. È quindi più che probabile che anche le nuove mode e i nuovi stili artistici circolassero ampiamente insieme alle merci e agli artigiani itineranti per l'universo celtico che nel periodo a cavallo tra il IV e il III secolo a.C. si estendeva ormai dal Mediterraneo al Baltico, dall'Atlantico ai Balcani.Si è detto dell'Arte Celtica che essa sia stata caratterizzata dalla contaminazione delle forme viventi ad opera del simbolo inorganico; certo è che di essa non si può dire che sia arte naturalistica. Trattando figurazioni zoomorfe o vegetali, l'artista celta compie una deformazione sistematica, quasi si sforzasse di evitare coscientemente la rappresentazione realistica della natura.
Lo stile di Waldagesheim, che fiorì dopo il 350 a.C. e prese il nome da un luogo di importanti ritrovamenti archeologici non lontano da Bonn, coincide con l’epoca dell’espansione celtica in Grecia e in Italia. In questo periodo si progredisce nel campo della gioielleria e degli accessori dei carri.
Dopo il 290 a.C. gli artisti accentuarono le caratteristiche tridimensionali nelle loro composizioni, da qui la denominazione di plastico. Incominciarono a predominare disegni ispirati alle piante e soprattutto per la preferenza data a un particolare motivo a viticcio
Diffusosi dopo il 190 a.C., lo stile delle spade è associato alle incisioni che arricchiscono le impugnature e i foderi di alcune spade. In contrasto con le forme elaborate e figurative dello stile plastico, i nuovi motivi erano piatti, lineari e astratti.

LINGUAGGIO CELTICO

Le lingue celtiche sono una sottofamiglia della famiglia linguistica indoeuropea. Dal punto di vista storico e geografico, le lingue si dividono in un gruppo continentale (ora estinto) e un gruppo insulare. Le lingue insulari si suddividono in due gruppi: il britonico (o britannico), che comprende bretone, cornico e gallese; e il goidelico (o gaelico), che comprende irlandese, gaelico scozzese e mannese.
Dalle Gallie e dalla Germania Occidentale il dominio delle lingue celtiche si estendeva nella preistoria (fino al secolo VI a.C.) a parte della Spagna, delle isole britanniche, dell’Italia settentrionale, fino all’Asia minore attraverso i Balcani.
L’espansione romana da sud e la pressione dei popoli germanici da est ebbero come conseguenza la scomparsa totale del celtico continentale. Sopravvivono solo i gruppi britonico e goidelico, nelle isole britanniche, in Bretagna e in alcune comunità americane.
La caratteristica fonetica che distingue le lingue celtiche da quelle indoeuropee è la perdita del suono indoeuropeo originario p. Una parola che in greco, sanscrito e latino presenta una p iniziale o intermedia, nelle lingue celtiche ne risulta priva: ad esempio al latino porcus corrisponde il goidelico orc. La differenza fra il gruppo britonico e quello goidelico risiede nel fatto che il secondo gruppo conserva il suono labiovelare indoeuropeo kw (scritto poi come c), mentre il britonico lo rende come p. Perciò l’irlandese cuig o coo-ig, "cinque" corrisponde al gallese pump
Le regole di pronuncia in tutte le lingue celtiche sono estremamente complicate; la grafia generalmente non corrisponde alla pronuncia e le consonanti iniziali cambiano in base al suono della parola che precede. In irlandese, per esempio, "sangue" è fuil, ma "il nostro sangue" è ar bhfuil. In gallese tad , "un padre", diventa fy nhad per "mio padre", ei thad per "suo (di lei) padre", e i dad per "suo (di lui) padre".
Tutte le lingue celtiche moderne usano l’alfabeto latino. Possiedono solo due generi, maschile e femminile, all’inizio della frase mettono sempre il verbo, esprimono l’agente sempre per mezzo del passivo impersonale.
Lastra di pietra con iscrizione gallo-greca, da Vaison-La Romaine. II-I sec. a.C.


BRETONE
La lingua bretone è attualmente parlata in Bretagna in vari dialetti; la maggioranza dei parlanti usa anche il francese. Sorta fra il IV e il VI secolo tra gli esuli in fuga dal Galles e dalla Cornovaglia, si distingue dal gallese e dal cornico della madrepatria per l’uso delle nasali e i prestiti del francese. Ebbe una particolare fioritura intorno alla metà del XVII secolo, quando furono pubblicate numerose grammatiche e una vasta letteratura di opere teatrali, leggende e ballate. Il bretone fu riconosciuto come materia scolastica negli anni Cinquanta di questo secolo. Negli anni Quaranta i parlanti furono stimati circa un milione, cifra che attualmente si è ridotta di circa la metà.


CORNICO
Il cornico, un tempo lingua della Cornovaglia, è estinto sin dalla fine del XVII secolo, nonostante recenti tentativi di riportarlo in vita. Ne sopravvivono tracce solo in alcuni nomi propri e alcune parole del dialetto inglese parlato in Cornovaglia.


GALLESE
Il gallese, chiamato cymraeg o cimirico (da Cymru, "Galles") dai suoi parlanti, è la lingua originaria del Galles ed è la più diffusa delle lingue celtiche. E’ parlato in Galles e in alcune comunità degli Stati Uniti e dell’Argentina.
Organizzazioni come la Società per la lingua Gallese hanno preservato la lingua dall’estinzione e si stanno battendo per farla riconoscere ufficialmente accanto all’inglese.
Come il bretone, il gallese ha perso molte desinenze di caso dei nomi; i verbi, invece, presentano una flessione particolarmente complicata. Il mutamento consonantico, o lenizione, cioè l’alternanza delle consonanti, gioca un ruolo notevole nel gallese come in tutte le lingue celtiche. La grafia è fonemica, cioè rappresenta in modo non ambiguo i singoli suoni della lingua. I parlanti gallesi dunque sanno quasi sempre pronunciare anche parole che non hanno mai visto prima.
Le parole gallesi sono accentate sulla penultima sillaba e hanno un’intonazione caratteristica.
Gli studiosi individuano tre periodi del gallese: antico (800-1100), medio (1100-500) e moderno (dal 1500). L’antico gallese sopravvive solo in parole e nomi isolati. Il gallese corrente Ha una varietà settentrionale e una meridionale, e i dialetti identificati come gallesi sono quaranta.


GAELICO IRLANDESE
L’irlandese, o gaelico irlandese, è la lingua più antica del gruppo goidelico. L’irlandese può essere suddiviso in quattro periodi: antico (800-1000), medio-alto (1200-1500) e moderno (dal 1500). L’irlandese, che in origine era una lingua altamente flessiva, conserva essenzialmente due casi, nominativo e genitivo, mentre il dativo sopravvive nel singolare dei nomi femminili; i tempi verbali sono solo due nel modo indicativo. E’ parlata principalmente nella parte occidentale e sudoccidentale della Repubblica d’Irlanda, dove è una lingua ufficiale, e in parte anche nell’Irlanda del Nord; l’irlandese fu parlato in tutta l’Irlanda fino al XVII secolo. Nel secolo scorso, il numero di parlanti è sceso dal 50 al 20%.


GAELICO SCOZZESE
Verso il V secolo invasori portarono una forma di gaelico in Scozia, dove sostituì una più antica lingua britonica. A partire dal XV secolo, grazie agli apporti dal norvegese e dall’inglese, il ramo scozzese si differenziò notevolmente dall’irlandese, tanto da costituire una lingua separata.
L’alfabeto dell’irlandese e dello scozzese, di 18 lettere, è identico. Il gaelico scozzese usa quattro casi: nominativo, genitivo, dativo e vocativo. Come in irlandese, l’accento è sulla sillaba iniziale.
Due sono i principali dialetti del gaelico scozzese, quello settentrionale e quello meridionale, geograficamente distinti. Il dialetto meridionale è più vicino all’irlandese rispetto a quello del Nord, ed è più flessivo.


MANNESE
La lingua dell’isola di Man è considerata un dialetto del gaelico scozzese con forti influssi norvegesi. Il mannese fu parlato in tutta l’isola fino al XVIII secolo; le leggi sono tuttora scritte in mannese. Il suo declino cominciò nel XIX secolo, fino all’estinzione del XX.

I MEGALITI

Il territorio europeo è disseminato di realizzazioni megalitiche spettacolari ed enigmatiche. Il numero di tali imponenti monumenti in pietra è elevatissimo ed esistono numerosi siti che sono poco noti al grande pubblico, ma che non hanno nulla da invidiare alle località più celebri, e meglio sfruttate turisticamente.
I megaliti sono, come dice il nome, delle strutture formate da pietre enormi; infatti l'espressione deriva dal greco megas, grande, e lithos, pietra. Possono presentare forme e strutture differenti, però, essenzialmente, possiamo ricondurre tutti i megaliti ad alcuni tipi fondamentali che esamineremo in dettaglio. Il megalite più semplice e più diffuso è il menhir, una pietra grezza o appena sbozzata, infissa nel terreno.
Il nome deriva dal bretone men (pietra) e hir (lunga). Tuttavia, localmente, possono sopravvivere altre espressioni per indicarli, quali l'arcaico peulven, diffuso in Bretagna, o il termine monaco, usato in Corsica. Si rinvengono molti tipi di menhir, di dimensioni, funzioni e forme diverse. Alcuni possono presentare un'altezza di pochi decimetri, altri possono ergersi sul terreno per una decina di metri. Il Grand Menhir Brisé, che si trova in Bretagna, è attualmente abbattuto e spezzato in quattro parti, ma, all'origine, doveva superare i venti metri di altezza.
Esistono, ancora eretti, menhir di notevole altezza: quello inglese di Bridlington (Yorkshire) di 7,5 metri, e quello Bretone di Kerolas (Finistère), che supera i 12 metri.
Si attribuisce il nome di stele a una pietra eretta larga e sottile, spesso lavorata e decorata. Le stele vengono definite antropomorfe quando sono lavorate in modo tale da presentare un profilo che vuole rappresentare una figura umana. Il nome di allineamento è riservato a una serie di menhir, o più raramente di stele, disposti su una o più file. I nomi più noti sono quelli bretoni, ma ne esistono in Scozia, in Irlanda, in Sardegna e in Valle d'Aosta.
A volte i menhir vengono disposti in circolo, a semicerchio o a ellisse, e allora si attribuisce a tale struttura il nome di cromlech. Il nome viene dal bretone croum, curva, e lech, pietra sacra. Il più grande è quello di Avebury (Wiltshire) che presenta un diametro di oltre 360 metri. Il più notocromlech italiano è quello del passo valdostano del Piccolo San Bernardo. Talvolta i cromlech possono presentare lati rettilinei, come nel caso di quello rettangolare di Crocuno (Bretagna).
Il secondo tipo fondamentale di megalite è il dolmen. Un dolmen è formato da più lastre: un certo numero di esse è infisso nel terreno, in modo da fare da sostegno a una o più tavole di copertura. Nella sua forma più semplice è formato da tre lastre verticali (pilastri, o ortostati) che ne sostengono una quarta (tavola). Il nome viene dal bretone dol, tavola, e men, pietra.
I dolmen possono anche essere molto elaborati. Alcuni presentano una serie di lastre verticali, affiancate e di altezza idotta, che conducono alla camera del dolmen vero e proprio: a tali lastre si dà il nome di corridoio. Altri possono avere delle camere laterali più piccole, collegate o meno con la camera principale. La pianta di un dolmen può assumere forme diverse: nel caso più semplice è quadrata o rettangolare, ma esistono dolmen con i lati non paralleli, altri che presentano una pianta complessa, altri ancora che sono piegati a gomito, particolare che fa sospettare l'esistenza di momenti diversi di realizzazione dell'opera.
Localmente il termine dolmen può essere sostituito dall'espressione dyser, in Danimarca, mamra o anta in Portogallo, tola o tavola in Corsica. Generalmente il corridoio di un dolmen è più stretto della camera, ma nel caso in cui il corridoio e la camera non siano differenziati, si attribuisce al megalite il nome di allée couverte.Esistono anche strutture megalitiche formate semplicemente da una lastra infissa verticalmente nel terreno, sulla quale viene appoggiata l'estremità di un'altra grande lastra: a una struttura di questo tipo si riserva il nome di semidolmen. Sopra i dolmen veniva spesso realizzato un grande terrapieno a base circolare, al quale si dà il nome di tumulo. Se la copertura era invece assicurata da un mucchio di pietre, spesso regolari e ben squadrate, si parla allora di cairn, ma bisogna ammettere che spesso le espressioni tumulo e cairn vengono usate con una certa disinvoltura, quasi come sinonimi.
I dolmen erano a volte realizzati a coppie o a gruppi, ricoperti o meno da tumuli. E' opportuno ricordare come raramente le strutture megalitiche venissero realizzate singolarmente. Ci si trova così in presenza di grandi aree megalitiche nelle quali si individuano menhir, dolmen e allineamenti, generalmente raccolti in una unica area sacra.
Talvolta essi erano legati da significati specifici, spesso di carattere astronomico. Recentemente, infatti, l'archeoastronomia, scienza che studia le conoscenze di astronomia delle popolazioni antiche, e le relative connessioni con la vita religiosa e sociale dell'epoca, ci ha consentito di capire che spesso le direzioni individuate dai megaliti (un allineamento o l'asse di un dolmen, per esempio) erano tutt'altro che casuali e andavano invece a indicare alcuni punti dell'orizzonte nei quali si verificavano particolari fenomeni astronomici.
Gli orientamenti più comuni riguardavano i punti del sorgere, o del tramontare, del sole in date particolari, come gli equinozi e i solstizi, oppure i punti estremi raggiunti dalla luna nel suo moto complesso. Così i megaliti erano, a volte, utilizzati come veri e propri osservatori astronomici ; altre volte, invece, erano orientati su pinti particolari dell'orizzonte per morivi rituali. Infatti, nell'antichità, si era venuta lentamente a costruire una sorta di religione astrale.Naturalmente le interpretazioni astronomiche non tolgono nulla alle ipotesi tradizionali.
Un menhir poteva evidentemente presentare un significato territoriale, delimitando un'area nella quale dominava il gruppo. Esso poteva anche rappresentare una sorta di monumento commemorativo, indicare il luogo di una battaglia, oppure poteva essere oggetto di culto. Ancora nel medioevo a molti megaliti venivano attribuite capacità specifiche e talvolta si celebravano veri e propri riti nelle loro vicinanze. Ai dolmen, poi, è innegabile attribuire un diffuso utilizzo funerario. L'importanza delle strutture megalitiche emerge ancora più prepotentemente se si pensa agli sforzi tecnici che richiedevano realizzazioni di tale portata.
I pilastri di Stonehenge, per esempio, sono stati trasportati da più di 40 chilometri di distanza, opera ciclopica, per l'epoca. In Europa esistono alcune aree nelle quali i megaliti sono particolarmente numerosi o spettacolari, ma esistono anche luoghi meno noti, nei quali si rinvengono strutture sorprendenti che meritano sicuramente una visita. Così, quando si parla della Francia, viene spontaneo pensare alla Bretagna, quando invece il dipartimento francese che rappresenta il maggior numero di menhir, quasi mezzo migliaio, è il lontano Aveyron.
Infine bisogna ricordare che i megaliti venivano considerati nel passato opera di fate o di giganti e dimora di nani o di altri esseri fantastici. Così l'innegabile fascino di queste pietre millenarie si aggiunge all'alone di leggenda che li circonda e che spesso è ancora vivo nelle tradizioni locali di alcune aree. Prima che il mondo scientifico riconoscesse la natura preistorica dei megaliti, essi vennero attribuiti ai Romani o ai Celti, come testimonia il nome di alcuni monumenti, come il Cordon des Druides (Fougères).


STONEHENGE

La più celebre fra le costruzioni di pietra, il simbolo stesso della cultura megalitica europea, è Stonehenge. Si trova nella piana di Salisbury (Wiltshire), nel sud dell'Inghilterra. Stonehenge è un cromlech, cioè un cerchio di pietre. In realtà, della struttura circolare complessiva resta solo un colossale frammento, perché nel Medioevo i monoliti di Stonehenge furono usati per costruire edifici, e sono così andati dispersi.
La circonferenza più esterna è un fossato profondo, del diametro di circa 100 metri, che delimita un terrapieno in cui sono stati scavati 56 pozzetti, chiamati Aubrey Holes, "buchi di Aubrey", dal nome dell'archeologo che li scoprì nel 1666.
Procedendo verso l'interno, si trovano altre buche, disposte a doppio semicerchio. Ed ecco che si innalzano i poderosi monoliti, ciascuno dei quali pesa dalle 30 alle 50 tonnellate.
Il gruppo esterno, chiamato Sarsen Circle, "cerchio di Sarsen", dal nome della pietra in cui sono stati intagliati i monoliti, arenaria grigia più dura del granito, ha un diametro di 30 metri circa.
Le 16 lastre verticali, alte quasi 6 metri, sono sormontate da 6 architravi. Di altezza doppia sono i triliti (cioè 2 monoliti verticali con un architrave) della struttura ancora più interna, che arrivano a 10 metri.
Tra i due colonnati sono poste le Bluestones, "pietre azzurre", e al centro della struttura si trova distesa la Altar Stone, "pietra dell'altare", lunga 5 metri; all'esterno vi sono la Slaughter Stone, "pietra del sacrificio", di 7 metri e, nel viale di accesso al monumento, la Heel (o Hele) Stone, "pietra del tallone". Anche se incompleta, e in buona parte distrutta, la colossale architettura di Stonehenge ha mantenuto il suo fascino intatto attraverso i millenni.
La si vede da lontano, nella valle ondulata in cui sorge, solitaria e silenziosa.
Le sue pietre azzurre provengono dai monti Prescelly, nel Pembrokeshire, a 300 chilometri da Stonehenge, e i monoliti di Sarsen sono stati trasportati per almeno 30 chilometri, dalle cave dei Marlborough Downs:
come è stato possibile trascinare e innalzare massi di pietra così grandi e pesanti, con i mezzi tecnici a disposizione in una società preistorica, in cui non era noto l'uso della ruota?
Cosa poteva spingere gli architetti di Stonehenge, come quelli delle innumerevoli strutture megalitiche europee, a concepire opere tanto grandiose e di così difficile realizzazione?
Un lavoro talmente faticoso come l'innalzamento dei grandi e pesanti monoliti doveva nascere da esigenze pressanti, di ordine pratico o magico, rituale o religioso. Come per le pitture e le sculture preistoriche, anche le costruzioni megalitiche come Stonehenge e Carnac hanno destato perplessità fra gli studiosi, che hanno discusso per lungo tempo sul loro significato.

La religione nei Celti.

Vincoli religiosi comuni univano i membri delle tribù; il re, che era investito di una funzione religiosa, partecipava attivamente ai riti. Divinità panceltiche convivevano con divinità locali, associate a singole tribù o a luoghi sacri. Alcune informazioni sulla mitologia celtica vengono fornite dal ritrovamento di oggetti rituali, come il calderone Gundestrup, un grande calderone d’argento con decorazioni a rilievo rinvenuto in una palude nello Jutland (Danimarca). Tracce di antichi miti celtici sono rintracciabili anche nelle letterature medievali dell’Irlanda e del Galles.
Le più importanti divinità celtiche erano: TUATHA DE DANNAN era la dea madre; NUADA era il re degli dei; DAGDA era il dio padre; BOBD era la dea del fuoco; BRIGID era la dea della poesia; ANGUS era il dio dell’amore; DONN era il signore dei morti; LIR e MANANNAN erano gli dei del mare; LUGH BRACCIOLUNGO era il dio guerriero;
DIANCECHT e MIACH erano gli dei della medicina; ARTAIOS era il messaggero degli dei; GOIBNIU era il fabbro degli dei; CREDNE era il dio metallurgo. I siti destinati al culto comprendevano recinzioni sacre, ma anche strutture più complesse, quali pozzi, forse collegati al culto della terra, in cui venivano gettate le vittime di sacrifici (uomini in caso di necessità o animali), spade e altre offerte votive. Anche una serie di elementi naturali aveva significato religioso: l’agrifoglio e il vischio, ad esempio, erano sacri, così come le querce e i boschi. Gli animali erano venerati come totem tribali; era inoltre praticata l’arte divinatoria, interpretando il volo degli uccelli o le viscere delle vittime sacrificali. Questo compito era affidato ai druidi.
I druidi erano sacerdoti degli antichi Celti , abitanti della Gallia e delle isole britanniche dal II secolo a.C. al II secolo d.C. Nelle zone della Gran Bretagna non invase dai Romani, il Druidismo sopravvisse finché fu soppiantato dal Cristianesimo qualche secolo dopo; era una religione fondata sulla fede nell’immortalità dell’anima che, al momento del trapasso, entrava nel corpo di un neonato, e sulla credenza che i druidi discendessero da un essere supremo.
Gli antichi resoconti affermano che ai druidi spettavano gli incarichi del sacerdozio, dell’educazione religiosa e dell’amministrazione giudiziaria e civile. I druidi infatti avevano il diritto di decidere in quasi tutte le controversie pubbliche e private, di emettere sentenze e di comminare punizioni per delitti di ogni genere e questioni di confine. Chi disubbidiva loro non poteva assistere ai sacrifici, durissima punizione, perché chi ne era colpito era un fuorilegge senza diritti. Il potere supremo era detenuto da un arcidruido all’autorità del quale erano sottoposti gli altri druidi; quando questi moriva, a succedergli era il più autorevole ma se la scelta si rivelava difficile la decisione veniva presa tirando a sorte oppure con un duello. Esistevano tre classi di druidi: profeti, bardi e sacerdoti propriamente detti, assistiti da profetesse o maghe dotate di minor potere e privilegio. I druidi praticavano particolarmente l’astrologia e la magia, e conoscevano i misteriosi poteri di animali e piante; veneravano il vischio e la quercia. Uno dei loro compiti consisteva nel convincere il popolo che l’anima era immortale e che dopo il decesso passava da un corpo all’altro, cosa che costituiva uno dei principali incentivi del valore militare. Un altro scrittore romano insiste sull’efficacia di tale insegnamento: certi Celti, sostiene, per disprezzo della morte andavano in battaglia indossando solo una cintura, e uscivano dallo schieramento dei carri per sfidare i guerrieri avversari.
Gli archeologi ritengono che i druidi usassero come altari e templi i blocchi di pietra conosciuti come dolmen (da dol=tavola min=pietra), trovati in regioni in cui il Druidismo era diffuso. Riferisce Cesare che i druidi mandavano a mente un’enorme quantità di versi e che alcuni di essi studiavano per vent’anni, ritenendo disdicevole l’uso della scrittura a fini di apprendimento, sebbene si servissero dell’alfabeto greco per quasi ogni necessità.
I druidi guidarono il loro popolo nella lotta contro i Romani, ma il potere fu indebolito dalla ribellione dei guerrieri Galli, invidiosi della loro autorità politica. La superiore potenza militare dei Romani e la conversione al cristianesimo di molti seguaci del Druidismo ne provocarono la scomparsa.
Presso i Celti e i Barbari in generale, non esisteva l'ideale di perfezione o di peccato, così come lo concepivano i Cristiani. Per i Celti la morale significava semplicemente il rispetto delle tradizioni e dei costumi tribali.
La religione dei Celti, come la maggior parte delle religioni antiche, aveva due aspetti: uno esoterico e uno popolare. Sacerdoti e custodi della religione celtica furono i Druidi. Il livello popolare era costituito da una mitologia accessibile e da una serie di riti che avevano pian piano inglobato anche alcuni elementi arcaici risalenti al neolitico e provenienti da culti solari tellurici e lunari.
Si è creduto erroneamente per lungo tempo che le pietre erette (menhir), le tombe a camera megalitiche (dolmen), i grandi cerchi (cromlech) e gli allineamenti di pietre giganti fossero tutti monumenti eretti dai Druidi; ma oggi sappiamo che essi furono eretti almeno un millennio prima dalle grandi culture del neolitico. I Druidi si limitarono a utilizzarli. Ogni popolo in Gallia si sceglieva un proprio nume protettore attribuendogli parimenti un nome particolare, così che, analizzando le caratteristiche degli oltre trecento Déi celtici di cui si trova almeno una volta menzione epigrafica, alla fine si ha l'impressione di ritrovarsi dinanzi a molte divinità doppione, simili per attributi, ma celate sotto nomi diversi.



SPIRITUALITÀ
La spiritualità celtica torna oggi alla ribalta perchè è una spiritualità 'pratica', sperimentabile e perchè porta all'attenzione dei popoli europei la loro effettiva eredità, restituendo una dignità a quelli che vennero un tempo definiti come 'il culto dei demoni' e 'la confraternita di streghe e stregoni'. In realtà gli dei, i druidi e le druidesse non erano altro che espressioni dell'antica religione pagana (da pagus-i = della campagna) e forse alcuni valori insegnati nel passato tornerebbero utili ancora oggi se ben compresi.
Gli insegnamenti druidici hanno la particolarità di dare all'individuo un giusto posto e valore nello schema della Natura, facendogli riconoscere la sacralità dei luoghi che abita e riconoscendogli il ruolo di loro custode.
I druidi insegnavano che esisteva un solo dio, OIW, irraggiungibile dalla comprensione umana e che pertanto era inutile cercare di conoscerlo o invocarne i favori: Egli era talmente distante dalla realtà umana che non se ne interessava minimamente.
L'OIW però si manifestava secondo una triplice energia che prendeva il nome di SKIANT (Conoscenza-Saggezza), NERZ (Forza-Volontà) e KARANTEZ (Amore-Creatività) e che forniva tre strade verso il divino, tre sentieri percorribili da tutti. Queste tre energie venivano personificate dai Celti con la figura di un Vecchio (Skiant), un Giovane Guerriero (Nerz) ed una bellissima Donna (Karantez) che si suddividevano ciascuno in tre manifestazioni (ogni cosa che scende dal piano spirituale verso la materia ha triplice forma). I druidi perciò sapevano dell'esistenza di un unico Dio che si esprimeva nella molteplicità, creando gli infiniti dèi che conosciamo. Ecco spiegato il mistero della dea Brighidh una e trina (la Brighidh degli artigiani, la Brighidh dei poeti e la Brighidh dei guaritori) o della Morrigan che si manifestava nella triplice forma di Nemhain, Boadhbh e Macha, o ancora nei numerosissimi esseri di luce preposti alla crescita della vegetazione, al prosperare degli animali, alla salvaguardia dei luoghi naturali e dei filoni di metalli preziosi che oggi chiamiamo fate, gnomi e folletti.
I Druidi avevano organizzato la società celtica secondo tale schema spirituale e le tre classi sociali erano quella dei Druidi (Conoscenza-Saggezza), quella dei Guerrieri (Forza-Volontà), all'interno della quale veniva scelto il re che nei tempi antichi restava in carica un anno) e quella dei Produttori e Uomini d'Arte (Amore-Creatività). Ecco che la spiritualità celtica veniva vissuta quotidianamente e che il piano divino si manifestava all'interno della società per mezzo dei suoi membri. Non vi era divisione tra il sacro e il profano ed ogni atto era un'espressione spirituale. Il sesso apparteneva alla manifestazione dell'Amore-Creatività, la guerra a quella della Volontà-Potere, l'insegnamento e lo studio a quella della Conoscenza-Saggezza ed ogni cosa rientrava nello schema della divinità e della sacralità.
Ciascun individuo si ritrovava così, in ogni momento della giornata e della propria vita, a poter accedere al mistero divino percorrendo fino in fondo la strada da lui scelta, sia come appartenenza ad una specifica classe sociale , sia come decisione individuale. In effetti tale tipo di organizzazione puntava molto sulla dignità di ognuno, sulla libertà interiore, sull'onore, sul valore della parola data ed ogni classe sociale possedeva dei 'segreti' di iniziazione che potevano portare il singolo a cambiare il proprio stato di coscienza ed entrare in contatto con le proprie potenzialità inespresse e con quello che i Nativi americani definiscono il 'Grande Mistero'.
Un elemento interessante, è la Croce Celtica (una croce tracciata su un cerchio), molto simile alla Ruota di Medicina dei Nativi americani. In essa, se abbiamo le chiavi, possiamo ritrovare una gran quantità di concetti dell'insegnamento duidico in grado di farci passare nell'Altra Realtà tramite il cambio di stato di coscienza.
La croce celtica porta in sé il concetto di 'circolarità delle relazioni' che implica una particolare filosofia di vita e visione del mondo. Nascita e morte diventano tutt'uno con la creazione e smette di esserci una separazione netta fra il Buio e la Luce, il Bene ed il Male, il Giusto e l'Errato.
In effetti nel loro insegnamento i Druidi non contemplavano la possibilità di una 'Creazione' perchè per essi tutto era una 'creazione in atto' e non poteva esistere un momento specifico in cui tutto era iniziato. Questo tipo di pensiero è modernissimo e molto vicino a quello degli scienziati contemporanei che parlano di un 'continuo susseguirsi di Big Bang'.
La mentalità celtica, tanto differente dalla nostra, era permeata di magico e di divino, non come espressione primitiva o selvaggia di popoli dalle poche conoscenze, ma come manifestazione della realtà spirituale legata a quella terrena. Perchè, dobbiamo chiederci, molte delle conoscenze druidiche sull'universo vengono oggi confermate da scienziati e lo stesso avviene per le proprietà della materia? Come potevano gli antichi Druidi avvicinare l'intima natura dell'ambiente che li circondava senza essere dotati di apparecchiature che oggi sembrano indispensabili per la conoscenza?
I Druidi insegnavano tali conoscenze nelle radure delle vaste foreste europee, lo sussurravano negli incontri alla luce dei fuochi e coperto dalle note di canti e musica, lo narravano tra le pieghe di intrecciati racconti e miti, lo facevano intuire durante le cerimonie rituali e le feste del fuoco e soprattutto lo esprimevano tramite i giochi, le battaglie, l'organizzazione sociale, le poesie, le forme artistiche di pietre e metalli, i matrimoni ed ogni fenomeno che permetteva al mondo del Sìdh, il mondo spirituale, di manifestarsi sulla terra degli uomini.
Come già è stato detto ogni cosa era sacra ed in ogni cosa si poteva ritrovare il sottile filo che collegava l'individuo alla realtà spirituale. Teniamo ben a mente un pensiero: il fatto di non percepire la Realtà Spirituale non ci può permettere di dubitare della sua esistenza; miglioriamo i nostri strumenti percettivi e ci ricrederemo!
In conclusione, cercando di fare una sintesi delle informazioni che ci sono pervenute dalle numerose fonti, per ricavare alcune idee di base dei principi della spiritualità celtica, possiamo esporre in questo modo i fondamenti del Druidismo:
affermazione dell'esistenza di un Dio unico, da cui si manifesta una gerarchia spirituale che rappresenta le forze della Natura.
venerazione del Sole (l'Occhio di Dio) come simbolo visibile del principio Unico ed Increato, manifestato e rappresentato da tre raggi di luce (trinità creatrice), legati al nome del dio: O.I.W.
accettazione della materia come elemento dinamico dell'evoluzione. Spiritualità incarnata.
evoluzione spirituale attraverso più vie (cerchio d'Abred, la Necessità). Presenza della Legge di Causa ed Effetto nell'azione (Kroui celtico equivalente al Karma sanscrito). Molteplicità dei mondi abitati e dei piani della Manifestazione.
rispetto della vita universale (rifiuto di uccidere senza necessità). Apertura di spirito, manifestazione della tolleranza, dell'ospitalità, dell'altruismo, dell'amore fraterno, dello spirito di unità. Sentimento acuto di indipendenza legata alla libertà 'punto di equilibrio di tutte le opposizioni' (come citato nei Bardas)
uguaglianza dei diritti tra uomo e donna. Riconoscimento dell'equivalenza delle loro funzioni reciproche e complementari
spiritualità razionale, assenza di dogmi rigidi: gli insegnamenti trasmessi oralmente sono destinati ad essere compresi e non appresi. Primarietà dello 'spirito' in rapporto alla 'lettera'. Comprendere e spiegare il mondo che ci circonda, nel quale e per il quale viviamo, ricollegandolo alle cause invisibili del piano spirituale. Metodo pedagogico del dialogo.
gli scritti, destinati alla massa, esprimono il contenuto degli insegnamenti sotto forma di massime (Triadi bardiche) e di leggende.





IL DRUIDISMO
Il druidismo è l'stituzione religiosa dei Celti, paragonabile fra gli Indoeuropei al bramanesimo indù e rappresentato da una casta di sacerdoti-indovini che curavano l'istruzione dei giovani.
Il druidismo fu uno dei fattori di unità del mondo celtico. In Gallia, fin dall'epoca della conquista romana, venne considerato dai vincitori come un pericoloso fermento di nazionalismo, poiché in esso si racchiudevano le tradizioni nazionali. La romanizzazione della Gallia ne presupponeva quindi la scomparsa e infatti l'imperatore Claudio l'abolì.
Ma il druidismo si mantenne vivo nelle campagne risorgendo ogni volta che la potenza romana pareva affievolirsi, e si conservò, latente, nel popolo fin verso il IV sec. d.C.
Perseguitato in Gallia e in Britannia, svuotato delle sue speculazioni scientifiche e cosmogoniche, il druidismo sopravvisse in Irlanda sotto una forma arcaica e costituì un serio ostacolo alla cristianizzazione. Fu vinto solo verso la fine del VI sec.; numerose pratiche furono però seguite nell'alto medioevo fin verso il XII sec.

I CELTI

I Celti erano un'antica popolazione indoeuropea, che i Greci chiamavano Keltoi e i Romani Galli o Galati. Verso la fine dell'età del Bronzo si espansero in Europa centrale e nell'Asia Minore, arrivando a invadere Roma nel 390 a.C. e la Grecia un secolo dopo. In seguito, l'espansione dei Romani e delle popolazioni germaniche li constrinse a ritirarsi verso occidente, dove si stabilirono soprattutto nelle isole britanniche, in una parte dell'attuale Francia del nord e della Spagna (di qui il nome di una regione della Galizia). Benchè fossero già in possesso di una cultura e un artigianato ben sviluppati, è possibile che l'esoterismo e la spiritualità della loro religione magica si approfondissero ulteriormente venendo in contatto con gli antichi Britanni, costruttori del monumento megalitico di Stonohenge. La saggezza dei Celti sono stati recuperati dalla Wicca, che è essenzialmente l'espressione esoterica della religione celtica e del culto che tributava alla forza e all'armonia della Natura. I Celti sapevano che i boschi, i laghi, le piante, i minerali, gli animali e tutto ciò che vive sulla Terra è carico di vibrazioni astrali. Questa energia universale è ciò che mantiene l'equilibrio tra noi e il mondo naturale che ci circonda, offrendoci nello stesso tempo la possibilità di arricchire la nostra vita attraverso i poteri della mente e dello spirito.

Beltane

Era una delle feste principali per i celti e veniva celebrata la notte tra il 30 aprile e il primo maggio, è il momento in cui la Dea e il Dio si incontrano e si uniscono per permettere alla Terra di essere fecondata, il Dio muore e rinasce come figlio della Dea dopo che esso l'ha fecondata.
E' un momento in cui le energie della luce e della vita si manifestano nel loro aspetto più gioioso e trionfale.
Questo è un tempo in cui si celebra il ritorno dell'estate e della fertilità.
I Druidi accendevano il fuoco di Beltane servendosi di sette differenti tipi di legname, tra i quali spiccava naturalmente il legno di quercia.
Durante la celebrazione si faceva passare il bestiame tra due fuochi per purificarlo e proteggerlo dalle malattie,
si danzava attorno al “palo di maggio”, costruito di legno di betulla, albero di resurrezione, ornato con strisce di stoffa colorate.
In questo periodo la barriera che separa il mondo materiale da quello spirituale si assottiglia e si possono incontrare quelle creature magiche e fatate che durante il resto dell'anno sono relegate nella loro dimensione.
Con l'avvento del cristianesimo, la nuova religione, per estirpare i riti pagani, trasformò Beltane nella festa tutt'ora conosciuta come Calendimaggio.